Lele Sacchi in consolle @ Magazzini Generali - 2002

Lele Sacchi in consolle @ Magazzini Generali - 2002

Lele Sacchi

Dagli uffici della Ninja Tune di Londra dove entrava, rollava e bookava artisti per il vecchio Tunnel al Panorama Bar facendo diventare internazionali i Magazzini Generali

Il successo fu clamoroso, epocale. Figlio di un equilibrio che avviene anche un po’ per fortuna: stavano insieme i gay, i ragazzi tarati di house e clubbing, gli alternativi, gli ex-punk, le modelle, stilisti famosissimi e i ragazzi di strada e da centro sociale. Non c’era un privé con selezione (ma c’era un backstage di cui è meglio non parlare…), non c’erano “i tavoli” e quell’allure da mega-loft newyorkese dei Magazzini (prima dell’attuale ristrutturazione) veniva sfruttato perfettamente.

Aneddoti di quegli anni ce ne sono moltissimi, svariati non raccontabili perché ne potrebbe andare di mezzo la reputazione di persone anche moooolto famose

Inutile farti la lista dei regular, coloro che non si perdevano ogni singolo venerdì ed erano o sono diventati dei punti di riferimento mondiale nei propri campi. Apparirei come un cacciaballe, ma era così.

Nei primissimi anni io facevo una lista dei dj’s che ritenevo fondamentali e poi le decisioni finali le prendevo con Soresina e Tessarolo. Ma non era il guest dj a rendere magica la prima epoca di Jetlag, era l’insieme.

La tua figura è fondamentale per i Magazzini, ricordo benissimo le tue session mensili di 5 ore e i tuoi set di apertura a star internazionali, quali sono gli oneri di un dj resident? Spiegaci un po’ la figura del dj resident che in Notte Italiana è una figura chiave perché, salvo casi eccezionali, nei locali che raccontiamo non c’erano dj guest.
Viviamo in un momento in cui si può dire che la figura storica del “dj resident” quasi non esista più. Negli ultimi anni il mondo della club culture è cambiato radicalmente. Per anni però, il resident rappresentava il locale e il locale era una delle fonti più importanti di conoscenza musicale per la comunità di riferimento che lo frequentava. Ora il locale è stato sostituito dal web, ovvero un luogo astratto. I locali che hanno fatto la storia del clubbing (e i Magazzini sono uno di questi) creavano un fortissimo senso di appartenenza, una tribù che sull’andare più o meno sempre nello stesso luogo costruiva una ritualità. Inevitabilmente il resident dj era spesso più amato anche dei guest perché costruiva l’identità musicale e quindi il fattore principale di un locale notturno.

Lele Sacchi all night long @ Magazzini Generali 2003
Lele Sacchi all night long @ Magazzini Generali 2003

 

Flyer Row Barcellona 2001
Flyer Row Barcellona 2001

Quando poi un club diventava riconosciuto su scala più ampia di quella locale (nazionale ed internazionale) anche il dj resident diventava famoso. Parliamo di anni in cui la diffusione del web era agli inizi e i social network non esistevano, quasi tutto partiva dal racconto diretto delle esperienze personali.

Grazie alla fama che in quegli anni hanno avuto i Magazzini, insieme alle compilation che avevo pubblicato e alle prime produzioni, io ho iniziato a suonare molto spesso in giro per l’Italia e per il mondo. Oggi sono veramente pochissimi i club che riescono a spingere i propri dj, i resident, e li rendono famosi.
In concomitanza ai Magazzini e al successo di Jetlag cosa succede a Milano di Notte? Ci sono degli eventi che hanno segnato il clubbing meneghino?
C’è stato un momento in cui al Jetlag, direi verso il 2003 e soprattutto il 2004, ci siamo aperti sempre di più alla programmazione di guest. Se all’inizio erano un paio al mese, poi son diventati tre più una mia session solitaria mensile. In quel momento è arrivata l’ondata irresistibile di nuovi artisti sulla scena: da un lato quelli più electro alla Tiesfschwarz e Tiga dall’altro quelli più minimal alla Steve Bug e Villalobos e inoltre scomparve la linea divisoria che esisteva fra house e techno, perciò uno Sven Vath, che magari fino all’anno prima non avremmo considerato adatto, voleva venire da noi perché sapeva che pur essendo una serata di matrice house tutto si era mischiato.


In quel momento a Milano è iniziato a cambiare tutto di nuovo, sulla scena è comparsa una marea, un oceano di ragazzi molto giovani e molto appassionati di “nuova” musica elettronica e inevitabilmente sono comparsi tantissimi altri promoter – chi nuovo e appassionato, chi riciclato e con l’occhio al cassetto – a buttarsi su questi fenomeni.

 

Jetlag @ Magazzini Generali 2005
Jetlag @ Magazzini Generali 2005

Raccontaci qualche aneddoto legato a qualche serata dei Magazzini, ad esempio la serata meglio riuscita e inaspettata e quella peggiore, ospitate insolite e dj che non si vogliono più staccare dalla consolle. Io ricorderò sempre Dj Hell che non vuole smettere di suonare e ruota le casse spia verso i fortunati del privé andando avanti a suonare
per altri 20 minuti, Magda Gomez che balla scatenata su un set techno di Marco Carola, Villalobos che prima di iniziare si fuma un cilum o ancora Richie Hawtin che suona per scarse 300 persone….

Questa che dici di Hawtin me la ricordo benissimo ovviamente! Era una domenica. Avevamo avuto l’idea di fare un intero weekend di chiusura stagionale. Tiga due giorni prima aveva murato il locale e fatto saltare per aria tutti. Hawtin era già in Italia (il venerdì era stato a Dissonanze a Roma e il Sabato al Link di Bologna) e la domenica era una bella occasione per provare una serata di chiusura diversa. Ci saranno state 4/500 persone. Incredibile pensarlo oggi che Richie è così famoso, ma allora era in una fase in cui si portava ancora dietro un po’ dei vecchi fan di Plastikman (technomani un po’ tarati e quasi avversi al ballo) e pochi nuovi arrivati di questa generazione di cui parlavamo più su. Nessun promoter “big” tradizionale avrebbe mai fatto Richie ai tempi. Lo proponevano solo i luoghi alternativi tipo, appunto, il Link o gli eventi di Napoli. Oggi invece per lui fanno aste a cifre stellari anche le grandi agenzie pop.

Aneddoti di quegli anni ce ne sono moltissimi, svariati non raccontabili perché ne va
della reputazione di persone anche moooolto famose!

L’altro giorno ascoltando Roisin Murphy mi sono ricordato di quella volta che stavo suonando nella vecchia consolle dei Magazza (quella a sinistra) e mentre sono tutto concentrato mi sento battere sulla spalla e non voltandomi del tutto sento una voce femminile inglese che mi chiede se può avere il microfono per cantare. Ovviamente non mi giro neanche praticamente mandandola affanculo. Dopo alcuni minuti arriva qualcuno che mi dice: “Oh ma cosa voleva Roisin Murphy da te prima?” ….ooopssss…..

Lele Sacchi, Ricardo Villalobos, Luca Piccolo (Orbeat) Jetlag @ Magazzini Generali
Lele Sacchi, Ricardo Villalobos, Luca Piccolo (Orbeat) Jetlag @ Magazzini Generali

Sugli aneddoti dei dj non parlo, sono omertosissimo, però è stato buffo Sven in una delle sue primissime visite: lo accompagno di corsa in bagno per una pipì mentre lascia suonare un disco sul piatto e tornando di corsa verso la consolle prima che termini il brano mi chiede se possiamo bere uno shot, gli rispondo di tirare dritto al mixer prima di creare un buco e che glielo avrei portato in consolle ma lui continuò a insistere dicendo che preferiva fermarsi nascosto dietro al bar altrimenti sua moglie (che era in consolle) lo avrebbe sgridato.
Gli aneddoti seri che mi ricordo ancora te li racconto di persona.

Piano piano il tuo nome inizia a girare anche in Italia c’è un club in cui hai
particolarmente piacere suonare?

Fuori da Milano ci sono stati posti dove sono tornato spesso ed è ovvio che siano quelli dove tuttora mi piace suonare di più: Goa a Roma, il Clorofilla in Puglia, il Ritual in Sardegna, posti che non ci sono più che erano clamorosi come il Velvet a Napoli o il vecchio Link a Bologna o il Maffia a Reggio Emilia.
Il Goa rimane un faro in Italia per l’integrità di percorso e per la qualità offerta. Anche loro compiono vent’anni e auguro a Giancarlino e tutta la banda di andare avanti almeno per altri venti. La club culture ne ha bisogno.

negli anni (i primi 2000) in cui frequentavo e suonavo spesso a Parigi ho scoperto che le cassette dell’Insomnia avevano creato il movimento underground di quella città.

2002 Flyer del Batofar di Parigi
2002 Flyer del Batofar di Parigi

Ripercorrendo la storia del clubbing italiano su Notte Italiana mi sembra di capire che l’Italia abbia davvero poco da invidiare ad altri paesi; penso alla Baia degli Angeli, ai primi after tra la riviera romagnola e il veneto, al movimento progressive. Cosa ne pensi tu della storia dell’intrattenimento nostrano?

Della riscoperta di momenti storici così all’avanguardia dobbiamo ringraziare proprio il web che ha permesso di mettere insieme i pezzi e ricostruire storie importanti come quella del movimento cosmic/afro che per ragioni di età mi sono perso, ma che vedo giustamente glorificato in tutto il mondo. Lo stesso vale per il periodo della techno-progressive toscana: negli anni (i primi 2000) in cui suonavo spesso a Parigi ho scoperto che le cassette dell’Insomnia avevano creato il movimento underground di quella città. Pensa: una delle più grandi capitali del mondo che si innamora di dj set registrati nella profonda provincia italiana!

La techno napoletana di fine 90 poi è stato un altro movimento riconosciuto globalmente, ricordo una visita ad Amsterdam nel 1999 in cui mi parlavano tutti di Marco Carola mentre da noi era considerato strettamente underground! Sappiamo che global star sia oggigiorno.

Non dimentichiamoci neanche dell’impatto dei promoter italiani su Ibiza: il DC10 in fin dei conti è un progetto di clubbing italiano in trasferta ed è una potenza mondiale. La lista sarebbe lunghissima e dovrebbe comprendere l’acid jazz che ha avuto delle figure prominenti dal nostro paese e tante altre piccole/grandi scene.


La verità è che non dovremmo neanche stupirci, no? Se lo facciamo e perché ci è mancato un momento alla ‘french touch’ di fine ’90 o quello trance olandese più recente quando contemporaneamente e in modo massiccio hanno avuto successo tanti artisti e dischi dello stesso paese. I nostri successi sono stati forse più estemporanei e slegati fra loro, pur essendoci sempre stati.

Cosa ci rimane secondo te di tutto questo patrimonio di dj e serate?
Rimane un mercato dei club ancora molto diffuso, forte e storicamente radicato, soprattutto se lo compariamo a tantissimi altri grandi paesi. Quello che manca e manca parecchio è la varietà dell’offerta su scala nazionale. Al di fuori di Milano, qualcosa a Roma e poco altro in Italia funziona solo la tech-house con punte verso la house più tradizionale da un lato e verso la techno più pesa (molto di moda ora) dall’altro. Qualcosa ultimamente muove anche la EDM, ma non conosco bene quel mondo. La dj culture e il clubbing però non sono solo questo: dovrebbero esistere molte più sfaccettature musicali. Su questo la scena Italiana è limitata. Inoltre mancano tante etichette discografiche indipendenti spinte e prodotte con sudore e amore. Ce ne sono troppo poche.

Ora tra i progetti che ti impegnano di più c’è Elita, ci racconti com’è nasce? Se non sbaglio prende il posto di quella manifestazione che si chiamava TDK Dance Marathon che ti ha visto protagonista sempre come dj dei Magazzini Generali…io della TDK ricordo un party meraviglioso ma non proprio sicuro nei parcheggi sotterranei di San Siro con gli Alter Ego e Jennifer Cardini…

Programma TDK Dance Marathon 2004
Programma TDK Dance Marathon 2004

Elita è un’idea che nel 2005 ha fatto unire: Dino Lupelli che veniva già da un’esperienza di festival grande come Elettrowave, Alioscia Bisceglia che oltre ad essere il cantante dei Casino Royale aveva una piccola società che si occupava di produzione di eventi, Manfredi Romano che prima di essere un famoso dj (Dj Tennis) e label manager (Life And Death) ha sempre promosso e gestito artisti internazionali e qualche anno dopo si è aggiunto Claudio Fagnani con il suo bagaglio di esperienze nel marketing e negli eventi. L’idea iniziale è stata quella di creare un festival di contenuti non solo musicali in concomitanza con il fuorisalone.
Come sai con il tempo Elita è cresciuta e diventata anche tante altre cose, ma
l’aspetto festival è quello più riconosciuto dal pubblico. Essendoci storicamente posizionati nella settimana del Salone nell’anno in cui smise la TDK Dance Marathon si può dire che c’è stata una continuità con l’idea di un percorso di musica nella città (io facevo il consulente musicale per la TDM). Dopodiché i paragoni terminano perché quello era un progetto assolutamente differente nell’idea di partenza e negli intenti commerciali, anche se molto bello e nuovo per Milano con alcuni momenti che son passati alla storia, come puoi vedere dal flyer.
Elita, però, a distanza di dieci anni dalla prima edizione è diventata un’esperienza che ha dato e sta dando tantissimo a Milano e che è riconosciuta proprio per aver costruito grandi momenti di socialità, di musica, di cultura e aver dato impulsi molto importanti.

Flyer di Elita 2006
Flyer di Elita 2006

Tra l’organizzazione di Elita, i dj set e le partite dell’Inter, l’altra tua grande passione oltre alla musica, ora devi trovare anche il tempo per fare il papà, che musica fai sentire a tuo figlio? Che consigli gli darai quando vorrà andare a ballare? Ma sopratutto, come sarà la discoteca del futuro?
Fare il papà è ovviamente una gioia immensa e per ora Leo è ancora così piccolo che
non sono ancora cominciati quei giochi malati, tipici dei genitori, su che indirizzi dargli. Fortunatamente per ora esiste solo la gioia del gioco e dello stare insieme. Da quel poco che vedo mi sembra portato sia per il ballo che per il calcio. Spero diventi una promessa dell’Inter così non avrò il problema di dove andrà a ballare perché dovrà svegliarsi presto per gli allenamenti! In più sono patrigno di una bambina che invece ha già quasi sette anni, quindi sul tema della discoteca del futuro, visto che non ti so rispondere, ti dico che fra neanche una decina d’anni se non sarò più dietro al mixer cercherò di capirlo direttamente tramite lei. In realtà è molto più probabile che sia ancora lì a farla ballare.