COME INVITAVATE GLI ARTISTI DI INCURSIONI? SU COSA VERTEVA LA SCELTA?
L.V.: La peculiarità del Link era quella di lavorare sulla produzione delle ultime generazioni: la mia generazione, quindi gli artisti che hanno iniziato a lavorare verso la fine degli anni 80 e i giovani che stavano appena iniziando. Io ho cominciato invitando le persone che per me sembravano interessanti e abbiamo lavorato solo con queste due generazioni. Pensavo sempre a quali potessero essere degli autori in cui intravedevo un lavoro versatile e adatto a questo tipo di programmazione e di spazio.
Con Incursioni l’artista più anziano forse è stato Cesare Pietroiusti (che è del ‘55) per poi arrivare a quelli dell’ultima ora che avevano appena iniziato a girare per qualche galleria, tipo Patrick Tuttofuoco. Poi come per tutto c’è gente che sparisce e gente che continua. Come Mario Airò, Cesare Viel, Monica Bonvicini di cui leggi ancora. O altri di cui non senti più parlare, questo fa parte della selezione, del tempo che passa. Poi essendo un artista anche io li conoscevo tutti, chi più e chi meno, e loro si fidavano: era tutta gente che aveva voglia di fare.
Avevo invitato anche Cattelan: ormai era già quasi famoso e disse: “Io vengo e quello che faccio è chiudere il Link” e io: “Va be’”. Gli dissi che non era possibile e quindi non se ne fece niente. Che poi magari voleva chiuderlo per una sera ma voleva dire non fare entrare una paio di migliaia di persone e purtroppo non potevamo permettercelo. Forse in questo caso avrei dovuto osare di più e non son stato molto bravo a contrattare, avrei dovuto dire a Cattelan: “Va bene però tu mi copri il possibile introito che io perdo tenendo chiuso il Link in modo che così non ci perdiamo dei soldi”. Ma così non feci.
Quasi tutti gli invitati però sono sempre venuti, tutti avevano voglia di partecipare. Anche perché poi il Link era diventato uno spazio ambito. Se uno guardava al teatro di ricerca tutte le compagnie erano venute, quindi se ne chiamavi un’altra un po’ meno famosa quasi in automatico accettava, dai Raffello Sanzio in poi sono passati tutti.
Oltre a Incursioni ci si era inventati anche altri modi di invitare artisti visivi, ad esempio per la Kill Out zone (Chill out) del venerdì e del sabato sera, che comunque anche se era aperta solo due giorni era comunque una spesa, avevamo chiamato Nicola Pellegrini e Stefano Dugnani che avevano pensato a delle installazioni per rilassarsi.
Poi Flavio Favelli ha fatto il bar che sembrava un ufficio postale, geniale ma non utilissimo per la vendita. Aveva fatto dei vetri fumè con un’apertura piccolina sotto, come quella delle poste. Il barista vedeva la sala, che era già mezza buia perché era la dance hall giù di sotto, ma la gente non vedeva il barista quindi sembrava che non ci fosse nessuno al bancone e il bar vendeva meno. All’inizio dovevi fare addirittura la comanda su un blocknotes con penna con la catenina, la passavi sotto l’apertura e poi ti arrivava poi l’ordinazione.
Per dare continuità a quello che facevo mi ero inventato magari qualche evento collegato al festival ma poca roba, anche perché non vivevo a Bologna. Ricordo la proiezione della Spriral Jetty in pellicola, un incontro con Emilio Primi, il cinema di Marcel Broodthaers.
Ecco questo fu in aneddoto divertente e che ti fa capire lo spirito con cui operavamo. Tramite un amico gallerista di Colonia avevo recuperato il contatto della vedova Broodthaers, così, visto che ero già a Colonia, sono andato a bruxelles a trovarala, ovviamente a spese mie, cercando di spiegarle quanto fosse importante per il pubblico giovane italiano vedere il cinema di Broodthaers e che il Link era il luogo adatto, esemplare, moderno, utile, per proiettarlo. Le dissi anche che però non avevamo un soldo. La vedova ci doveva mandare qualcuno con le bobbine, noi gli pagavamo il viaggio a/r, l’ospitalità e le cene ma di più non potevamo permetterci. Dopo questo primo tentativo non se ne vece nulla. Poi dopo diverse corrispondenze io ci riprovai e si convinse. Forse perché mi ha visto particolarmente motivato ma così per due sere abbiamo avuto 4 ore di fila di cinema di Broodthaers. Oltre a Broodthaers abbiamo fatto serate dedicate anche ad altri artisti: Robert Smithson, Emilio Prini, quelli che per me erano dei classici perché erano degli anni 60 e 70 e per me erano importanti.
La programmazione era tutto un po’ un gioco, ma poi tutte queste persone capivano cosa e dove la stavano facendo. Che poi un giovane magari non se ne rende conto ma uno che lavora sa che questi luoghi funzionano solo sulla determinazione della gente che ci sta dietro e io, ma soprattutto Daniele, eravamo molto determinati.
Quindi le programmazioni anche fuori da Incursioni erano molteplici e divertenti. Ad esempio a me e a Daniele piaceva molto l’India. Un giorno a New Dehli trovai tutte le video cassette, 40/50, di tutto il Ramayana televisivo, una roba iper-pop indiana. Daniele aveva pensato di metterla in programmazione.
questi luoghi funzionano solo sulla determinazione della gente che ci sta dietro
Tieni conto che i video erano di una qualità scadente: camere fisse, lentissimi, un immagine con due figure che recitavano in indu, toccando temi filosofici, quindi la gente non è che capisse molto. Questo succedeva nello Schwarzraum durante il cinema notturno notropico e c’era sempre qualcuno che stava lì, un po’ perché si addormentava o un po’ perché era fuso ma curioso.
Oppure ricordo che abbiamo fatto una giornata con John Waters che era a Milano ed esponeva da Emi Fontana. L’abbiamo convinto e ha fatto la sua conferenza al Link davanti a un centinaio di persone
Poi quando Mike Kelly era ospite a Milano sarebbe stato bello fare il concerto della sua band, ma non avevamo tutti i soldi che servivano per farlo. Oppure ci sarebbe piaciuto portare ospiti statunitensi, il problema è che a certi professionisti devi dare un cachet che noi però non potevamo dare. Molti venivano soprattutto per amicizia soprattutto nel caso di Incursioni.
Tutto questo avveniva anche per quanto riguarda la musica. Tipo io mi ricordo, John Zorne, che suonò due sere ma facendosene pagare una sola. Aveva capito come funzionava il luogo e aveva deciso di regalarci una serata. Anche grazie a Enrico Croci o a Mauro Borrella, gli Orb erano venuti con un set dj più agile e quasi in amicizia. Il venerdì e il sabato c’erano 4 programmazioni diverse che andavano in contemporanea: dal libro alle 8 al dj set delle 4 di notte.
TUTTO QUESTO ACCADEVA IN UN’ERA PRE-INTERNET, QUINDI VENIVA FATTO TUTTO VIA TELEFONO, LETTERE, FAX. INTRODUCO INTERNET PERCHÉ SECONDO DANIELE GASPARINETTI È STATO UN PO’ ANCHE PER COLPA DELLA CONNESSIONE CHE SI È DISGREGATA L’UNIONE CHE C’ERA AL LINK, CONDIVIDI?
L.V.: Sì forse può essere vero, non c’ho mai pensato. Io credo che la cosa principale sia stata la mancanza di un supporto economico. Credo che le velleità di varie persone (poi sai non è facile lavorare sempre senza una lira) e successivamente anche la stanchezza abbiano influito nello sfaldarsi di tutte le aree. Poi io non sono mai entrato più nel dettaglio dell’amministrazione.
Io credo che la cosa principale sia stata la mancanza di un supporto economico.
Il fattore economico annebbia la vista sia quando arrivano troppi soldi, che non sai gestire, sia quando non ne hai e cerchi di arraffare senza rispetto magari del vicino. Io credo che questo sia stato uno dei fattori determinanti dello sgretolamento del Link, poi può anche essere vero che internet sia stato un po’ un altro elemento.
Comunque sì tutto il coinvolgimento esterno degli artisti avveniva via telefono e se avevi il fax eri già fortunato. Io nel ’96 e ’97 non avevo neanche un computer, per l’edizione del ’97 di Incursioni ero a Berlino per una borsa di studio e ho lavorato con Daniele via telefono e via fax per preparare il festival. Eravamo alla fine degli anni 90.