Interno Link Project 1994

Daniele Gasparinetti

Immaginari, connessioni e discipline: la genealogia del Link Project e quello che produceva.

Link Project apre come forzatura e per pura volontà di un manipolo di persone e piccoli collettivi, senza che lavori di ristrutturazione fossero stati realizzati dall’amministrazione, quindi fuori norma. C’era però uno straccio di documento firmato, il che significava che non c’era il rischio di essere buttati fuori da un giorno all’altro e siccome il documento parlava di 5 anni parlammo di Link Project come di un piano quinquennale.

Link Project apre come forzatura e per pura volontà di un manipolo di persone e piccoli collettivi, senza che lavori di ristrutturazione fossero stati realizzati dall’amministrazione

Questi 5 anni erano il tempo per capire che tipo di esperimento ne sarebbe venuto fuori. Non lo sapevamo. Ciò che però parallelamente premeva, erano gli eventi contestuali, storici per così dire, che sono accaduti in quell’anno. Si tratta forse di una mia personale percezione, probabilmente è così, ma le due cose che hanno fatto precipitare la decisione di partire con quella esperienza sono state due: la vittoria elettorale di Silvio Berlusconi e l’assedio di Sarajevo da parte delle truppe serbe. Se guardi nei programmi, nel primo anno di attività, abbiamo cercato di far vedere tutte le testimonianze che reporter indipendenti e documentaristi, riuscivano a portare fuori, a loro rischio, dalla capitale bosniaca.

Articolo di presentazione di alcuni cortometraggi su Sarajevo, pubblicato sul primo numero della rivista del Link (aprile-maggio 1994)
Articolo di presentazione di alcuni cortometraggi su Sarajevo, pubblicato sul primo numero della rivista del Link (aprile-maggio 1994)

 

Per me è stato uno shock, un orrore, che dal passato europeo tornava fuori come uno spettro, tutto sulla premessa di pace e razionalità nella quale eravamo stati cresciuti. In fondo, da questi due eventi storici contestuali, è venuto fuori l’altro tratto che contraddistingue nel mio ricordo quella esperienza: la sindrome da assedio. Non è che sia partito tutto assieme, come in un piano perfetto. Lo spazio era enorme e l’apertura d’uso di ogni area è stata progressiva, ci si è espansi piano piano, anche perché tutto era da bonificare.

Link Project, esterno dell'ex magazzino farmaceutico
Link Project, esterno dell’ex magazzino farmaceutico

 

Il primo nucleo di eventi è nato nella Sala Blu, il primo spazio che è stato infrastrutturato, dedicata al cinema e ai concerti. Ma da subito, cosa piuttosto anomala, l’imprimatur del Link come luogo pubblico è stato di natura “teatrale”: le arti sceniche hanno avuto un ruolo molto importante in tutta la storia del Link. A memoria, se non ricordo male, ma Silvia potrà correggermi, il primo evento realizzato nella Sala Blu è stata una produzione di Cesare Ronconi, regista di Cesena come la Societas Raffaello Sanzio, altra compagnia teatrale che amavamo molto. Fu quasi un rito e una iniziazione per molte persone che avrebbero poi continuato a lavorare lì dentro.

Panoramica Sala Blu
Panoramica Sala Blu

 

Parallelamente si insediano, nella palazzina che stava all’altro capo dell’edificio, i primi laboratori di produzione e gli spazi non utilizzati diventano il set di un film (“Road Jocke”) che non troverà mai distribuzione ma che ha vissuto lì dentro per dei mesi come una sorta di sogno produttivo.

 

Ciò che invece è partito da subito è stata la pianificazione di un programma bimestrale di attività, che veniva reso noto tramite uno stampato che era una via di mezzo tra un house-organ ed una fanzine, ben fatto e ben stampato. Ha accompagnato il progetto per tutti i suoi cinque anni di vita. Quel lavoro ha permesso di formalizzare un modello organizzativo, un primo organigramma, che prendeva ispirazione da una casa editrice, con i suoi nuclei redazionali e le sue collane, attività che correva in parallelo alla crescita di unità esecutive e unità produttive laboratoriali che avevano una propria autonomia, ma contribuivano in vario modo al ciclo di vita e produttivo del Link.

una via di mezzo tra un house-organ e una fanzine, quel lavoro ha permesso di formalizzare un modello organizzativo, un primo organigramma, che prendeva ispirazione da una casa editrice

Abbiamo veramente fatto finta che problemi a monte non ve ne fossero, procedendo con una pianificazione progressiva. E progressivamente, su questo nucleo procedurale, si sono aggregate via via altre persone e piccole organizzazioni: lo spazio c’era.
Quindi alla prima redazione musicale, che aveva una provenienza colta, che attraversava le musiche popolari partendo dall’esperienza di Rock in Opposition, compaiono alcuni dei protagonisti che avrebbero seguito la rivoluzione elettronica degli anni 90. Una entrata un po’ sbrindellata, ma bene accetta. Mauro Borella, il famigerato “Belin”, per esempio, si muove in mezzo alle macerie dei sotterranei non ancora bonificati, e organizza i primi live acts quasi come dei rave illegali.

 

Ma tante cose sono procedute in parallelo. Con i Motus, su una loro intuizione, abbiamo sgombrato dagli scaffali e inaugurato quello che era il magazzino del complesso farmaceutico, lo spazio più ampio del complesso, dipingendo il pavimento di bianco per mettere in scena uno spettacolo che si chiamava “L’occhio belva”. Così nacque la Sala Bianca, che fu un investimento rigoroso e divenne lo spazio dove si è continuato a sviluppare il discorso sulle performing arts e dove sono stati realizzati alcuni tra gli eventi più strani e ambiziosi, dal concerto di Diamanda Galas, o quello di Terry Railey, a un solo di Sylvano Bussotti.

Sala Bianca con scaffali
Sala Bianca con scaffali

 

Sala bianca Panoramica
Sala bianca Panoramica