Sappiamo che nel 1979 apre anche il Cosmic a Lazise ma quali erano gli altri locali afro/alternativi d’Italia e chi erano i dj? Possiamo dire che se si studia il fenomeno del clubbing italiano l’Italia non ha nulla da invidiare ad altre nazioni come America, Inghilterra o Germania?
B.L.: Musicalmente le mie conoscenze si fermano al Ciack di Bologna dove lavorava il maestro, al quale tutti dei djs di quella zona si sono ispirati e hanno imparato: Dj Miki. Lui è il padre di tutti i dj emiliano/romagnoli, e tutti in quella zona hanno imparato da lui. Un grande professionista di un livello superiore, amicissimo di Vasco Rossi, suonava sopratutto funky/disco. È stato veramente uno dei primissimi, se non il primo dj a mixare in italia.
In contemporanea al Cosmic nel bresciano aprì anche Les Cigales, locale musicalmente ben più importante del Cosmic, che ai tempi era molto molto commerciale e non sicuramente un locale alternativo, tanto meno afro, genere che nasce nel 1982. In pratica noi non consideravamo il Cosmic come un locale del nostro circuito. I locali veramente alternativi e in vari periodi “afro clubs ” cioè punti di riferimento per altri djs e locali erano: il Typhoon (dove nasce l’afro nel 1982) con me, il Chicago (di Baricella, in provincia di Bologna) con Dj Ebreo e il Melody Mecca (a Rimini che poi diventerà l’E.C.U.) con dj Peri. A Milano c’era Bruno Bolla che suonava afro, ma non ricordo in quali locali.
Guarda, al giorno d’oggi grazie ad internet il mondo ha scoperto la realtà di quel periodo clubbing tutto italiano e ti posso assicurare che eravamo i migliori al mondo! Io continuo ad essere invitato in giro per il globo, ho suonato due volte al MoMA di New York, in Australia, in Giappone, negli Stati Uniti, in Canada, in Europa ed Est Europa dove ci vado 2/3 volte al mese. Adesso in giro lo chiamano erroneamente cosmic, ma in realtà il genere nostro di maggior successo era l’afro.
Dove e come ti procuravi i dischi che suonavi poi nelle tue serate?
B.L.:Ho girato mezzo mondo per i dischi, mia moglie dice “hai passato metà della tua vita a cercare dischi e l’altra metà a suonarli”. Comunque molti dei miei dischi li ho comprati a Milano che negli anni 80 era il punto di riferimento europeo per i dischi: Mariposa, Gong, Discotto e molti altri. Si c’è molto Milano nel mio stile. Ma qui dovremmo aprire un capitolo lungo come un libro!
Com’è nata la definizione di musica afro e che caratteristiche diverse aveva rispetto al coevo Cosmic?
B.L.: Per la musica il termine “cosmic” non significa niente (a parte la kosmishe music tedesca dei primi anni 70). Afro significa proveniente dall’Africa. Per esempio ci sono tipi di pettinature in stile “afro“, cibo e vestiti “afro“ e tante le altre cose tra le quali anche la musica.
Il filone musicale afro italiano non deve essere inteso come un genere a sé stante, ma come un contenitore di varie esperienze musicali e sta a indicare qualsiasi genere di musica fortemente influenzata direttamente o indirettamente dai ritmi tribali e dalla cultura africana: afro-jazz, afro-percussion, afro-brasil, afro-funky, afro-cubano oppure proprio musica africana tipo afro-beat, ju ju music, highlife, reggae, blues ecc… ecc… Afro è anche il termine adottato dal pubblico prendendolo dalla serie di tapes “afro” mie.
Ricordo anche che un giorno stavo camminavo su le Pigalle a Parigi in cerca di negozi di dischi e pensavo a quale poteva essere una definizione unica per il genere che avevo cominciato a proporre. Mi scappa l’occhio e vedo un negozio di pettinature stile “afro”. Incuriosito da questo termine ho guardato il significato della parola sul vocabolario e quella era la parola giusta.
La cosa divertente della della faccenda è che poi sui dischi di percussioni che avevo era indicato il termine afro ovunque! Per di più in quel periodo andavo anche a scuola di percussioni.
Il mio intento era ed è quello di fare musica e cultura quindi la qualità musicale che proponevo al Typhoon non è paragonabile a locali commerciali come il Cosmic.
C’erano dei dj a cui ti ispiravi?
B.L.: Direi che molti si sono ispirati a me! Io agli inizi mi sono ispirato a Mec lamonti, un dj bresciano della prima generazione. Mec Lamonti ha lavorato praticamente in tutti i locali della zona. Poi mi piaceva molto Leonardo il Leopardo (rip) che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente e che lavorava a Radio 101 e in discoteca nei locali più conosciuti di Brescia città
Qual è stata la tua prima data all’estero e dove?
B.L.: 1983 a Innsbruck!
Per afro si intende musica dai ritmi tribali e dalla cultura africana: afro-jazz, afro-percussion, afro-brasil, afro-funky, afro-cubano oppure proprio musica africana tipo afro-beat, ju ju music, highlife, reggae, blues… Afro è anche il termine adottato dal pubblico prendendolo dalla serie di tapes “afro” mie.
Da più di quindici anni c’è un particolare interesse verso il suono italiano moderno. Dall’italo-disco all’afro, passando per il cosmic. Come mai secondo te? Perfino in Giappone amano molto il nostro stile.
B.L.:Credo che tutto sia determinato dal ritorno delle tastiere vintage e di conseguenza il suono analogico. È vero all’estero, prima hanno scoperto l’italo-disco poi, grazie alle interviste falsate della realtà, hanno creduto che tutto fosse cosmic ma quando hanno intervistato me la verità è venuta a galla. Il nostro mondo era l’afro e non certamente il cosmic, che era solo un locale.
Ci sono dei giovani producer o dj che segui con particolare attenzione e stima?
B.L.: Guarda di bravi ce ne sono molti. Ti cito quelli che mi vengono in mente adesso e mi perdonino gli altri: Rollo//dexx (Davide Monteverdi), Dirty Disco , Franz Underwear, Gilbert, Mooner, Ork, Mushroom Project, Craig Christon, Jann Shulze, Tolouse Low Track, Finn Bernhard, Bososki, Franz Dj, Luca Trentini.