Dopo l’edonismo potente della Baia degli angeli nel 1980, inaugura, sempre a Gabicce Mare, l’Aleph: un locale che rispetto alla luminosità e alle terrazze dell’ex sporting club di Baldelli e Moz-art è totalmente buio e sembrerebbe quasi inospitale. Gli spazi del locale sono sotterranei, poveri, essenziali e male illuminati e non ci sono finestre o spiragli per far entrare la luce naturale.
Diversa è anche la musica che da subito contraddistingue il locale: l’Aleph diventa (insieme allo Slego) il punto di riferimento per tutta la scena rock new wave che dall’Inghilterra arrivava in Italia grazie a dj come Jano e Achille, storici resident dj del locale, ai quali poi si affiancherà Ricci (che ritroveremo qualche anno dopo del Cocoricò)
Il motto del locale è “L’Aleph è un locale vuoto. Come te.” e dopo il primo anno di attività, che serve per iniziare ad attirare l’attenzione, nel 1981 l’Aleph enfatizza l’aspetto post “Apocalypse Now”: il locale viene circondato da filo spinato e le mura esterne sono dipinte con colori blu e verde militare, all’interno ci sono residui bellici, poltroncine di aerei da caccia fanno sembrare il locale una sorta di “museo della guerra” e una “segreta” sala da biliardo.
Bisognava essere un po’ coraggiosi e temerari per andare all’Aleph e anche il prezzo d’ingresso non era proprio alla portata di tutti, oltre al fatto che c’era anche un rigida selezione e tutti quelli che ci andavano avevano una particolare cura nel look, molti frequentatori si creavano loro l’abbigliamento.
Il locale ospitava anche concerti e sono passate le migliori band della scena new wave e new romantic: dal chitarrista Snakefinger agli Spandau Ballett, passando per i Tuxedomoon e i Siouxsie.
Come si legge dalle pagine del libro di Pierfrancesco Pacoda “Riviera Club Culture (Nda Press, 2012), che ci ha aiutato a ricostruire questa storia e riporta degli estratti di un’intervista a dj Achielle, l’Aleph diventa fonte di ispirazione e riferimento per una serie di luoghi che nasceranno di lì a breve, primo fra tutti il Plastic di Milano.
Negli gli ultimi due anni (1984-86) la new wave si mischia col dark e per rinnovare il locale viene chiamato l’architetto Giovanni Tommaso Garattoni che si ripensa agli allestimenti tra omaggi a Oscar Wilde e richiami ottocenteschi e religiosi.
Nel 1987 il locale di Gabicce, cambia gestione e direzione musicale: diventa il tempio della prima house e prende il nome di Ethos Mama Club.