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Fred Ventura

È sicuramente uno dei massimi esperti del fenomeno Italo-disco perché l'ha visto nascere, ne è uno dei protagonisti e sta assistendo ai vari ripescaggi sonori del genere musicale italiano più conosciuto al mondo

a cura di Emanuele Zagor Treppiedi

Fred pure essendo anche dj, oltre che producer e musicsta, non è un grande fan delle discoteche. Ma la sua esperienza è fondamentale per comprendere il genere musicale ormai cult che si chiama Italo-disco. In questa breve intervista, che approfondiremo live al Festival di archeologia musicale – Reverso parlando di luoghi e persone di Milano e dell’Italia, tracciamo alcuni punti salienti sul fenomeno italiano, su come si è diffuso e scopriamo che Fred non si è mai stancato di supportare l’Italo anche se poi si è dedicato a generi come house e techno.

 

Come e quando ti sei avvicinato alla musica? In un’intervista per Dlso citi il magazine ciao 2001, che giornale era?

ciao2001

Ho iniziato ad appassionarmi alla musica verso la metà degli anni 70, avevo 13 anni quando ho sentito per la prima volta un richiamo forte ed incontenibile. Gli input esterni di amici più grandi e la mia famiglia hanno contribuito alla crescita del mio interesse nell’ascoltare e fare musica. In quegli anni leggevo un settimanale, Ciao 2001, tendenzialmente una rivista pop-rock sempre pronta a dare spazio alle novità internazionali più interessanti ed innovative…. Il primo articolo sulla scena punk Inglese apparso sul finire del ’76 mi chiarì definitivamente le idee su quello che avrei fatto da grande…

 
Vivevi a Milano in quel periodo, com’era stare in città? Dove si andava a divertirsi e cosa si faceva?
Ero troppo giovane ed ho sempre vissuto fuori Milano, quindi non ho potuto vivere pienamente la vita notturna degli anni 70, ho iniziato a frequentare i club nel 1980, Plastic, Viridis e successivamente l’Odissea 2001 per i concerti.

Com’è iniziata la tua carriera da musicista?
Tutto è iniziato per gioco, dopo aver militato in varie band underground (An Incoherent Psyche, State Of Art) ho sentito la forte necessità di mettermi in proprio, i synth e le drum machine hanno favorito la mia scelta, anche perché non essendo un vero e proprio musicista ho sempre avuto bisogno della tecnologia per rendere reali le mie idee.

Com’è che ti sei trovato nel bel mezzo del fenomeno italo-disco? Anzi spiegaci bene cos’è, come nasce, dove nasce questo genere musicale e, se c’è, chi è l’inventore di questo genere?
Sul finire degli anni ’70 la disco era l’ultimo dei miei interessi, ero ancora completamente coinvolto dall’esperienza punk e post punk, il fatto che certa new wave flirtasse apertamente con la disco mi fece riscoprire tutto un mondo che mi ero quasi del tutto perso. Devo ammettere che ero affascinato dal suono di Giorgio Moroder, soprattutto l’album “From Here To Eternity” e dal 12″ “I Feel Love” di Donna Summer. In quegli anni le prime produzioni disco italiane spopolavano negli Stati Uniti, vedi Celso Valli (Azoto, Tantra) e Mauro Malavasi (Change, Macho) e vanno considerate sicuramente come antesignane di un trend che si espanse notevolmente dopo il 1980, grazie innanzitutto alla nascita di label indipendenti come Disco Magic, Disc8 e Full Time, dedite esclusivamente alle produzioni dance.

 
Ci racconti i tuoi diversi progetti?
Sono un po troppi i progetti realizzati in 33 anni per essere raccontati brevemente, diciamo che ho sempre cercato di portare avanti tutte le idee ed i sogni legati alla mia passione per la musica.

Come si diffonde il genere Italo Disco in italia? Se non sbaglio ci sono dietro delle etichette e delle persone (produttori, dj, cantanti…) che hanno contribuito a questa diffusione. Ci citi quelli secondo te le persone più importanti.

fred ventura gdansk 1988Il fenomeno emerge dal mondo dei piccoli distributori indipendenti, si sviluppa quasi casualmente come tante altre “rivoluzioni” sonore precedenti: un successo nei club ne trascina un altro, le radio recepiscono il messaggio e contribuiscono al cosiddetto boom della dance made in Italy. Le label fondamentali sono state sicuramente Disc8, Hole records, Disco Magic, Gong, Italia records ma anche tante altre piccole label che hanno sfornato hit minori che oggi vengono considerate cult. Tra i produttori, Turatti e Chieregato, Carrasco, Farina e Crivellente, Rago e Farina, Giombini, Martinelli, Oderso Rubini ma anche in questo caso ce ne sarebbero molti altri da citare, anche loro fondamentali per definire completamente il fenomeno

Quali erano i locali dove si andava a ballare l’Italo disco?
Non sono mai stato un amante delle discoteche malgrado la mia passione per la cassa in quattro. Le ho frequentate poco e soprattutto per lavorarci.

In tutto questo fermento dell’italo-disco c’erano dei progetti “fake” o costruiti a tavolino, dove il frontman era solo l’immagine mentre le menti erano persone sconosciute che stavano dietro le quinte, ci racconti alcuni di questi progetti?
La cosa più divertente ma nello stesso tempo più “patetica” era che la maggior parte degli “artisti” italo non esisteva, si trattava nella maggior parte dei casi di immagini scelte solo ed esclusivamente per creare un prodotto completo. Mi sono trovato molto spesso a condividere palcoscenici con improbabili personaggi, a abili ballerini dal look spesso trash che con il passare del tempo determinarono “l’estetica” italo disco.

Possiamo definire l’italo disco un fenomeno commerciale? Anche l’estetica era super pop…
Il successo porta inevitabilmente ad una commercializzazione, la possibilità di entrare in classifica e fare soldi generò un interesse spropositato nel movimento, si cimentarono in molti nella produzione di dance music. Era l’inizio di una nuova era, quella del “producer record”, tendenza sempre più diffusa, che ha modificato definitivamente l’approccio della discografia nei confronti della musica dance.

La cosa più divertente ma nello stesso tempo più “patetica” era che la maggior parte degli “artisti” italo non esisteva

Com’è stato percepito dal pubblico e come dalla critica musicale? E all’estero che dicevano? C’erano dei gruppi non italiani che facevano Italo-Disco?
Il pubblico amava ballare l’Italo, la stampa invece era feroce e completamente critica, gli stessi che un tempo criticavano oggi la rivalutano e la trattano come un momento importante della storia della musica italiana, il tempo cancella tutte le negatività e santifica qualsiasi cosa…. All’estero è sempre stato tutto molto diverso, ballata nei club, ascoltata in radio e vista come rispettabile musica da ballo. Molti artisti europei cavalcarono l’onda italiana, ma soprattutto artisti tedeschi che constatarono il potenziale commerciale delle nostre produzioni

Quanto dura il successo dell’Italo Disco, perché poi finisce e da cosa viene sostituito?
L’ingordigia e la poca serietà di alcune etichette e produttori hanno decretato la parola fine di un filone sonoro sfruttato oltre le sue potenzialità. Le prospettive sempre più commerciali di un fenomeno che era comunque partito dalle cantine innescò una serie di spavaldi “wannabe” che si buttarono nella mischia per esclusivi interessi commerciali. Verso il 1986 il mercato si è irrimediabilmente affollato ed il livello qualitativo si è abbassato repentinamente, tutti puntavano alle classifiche pop ed al miraggio del Festivalbar, si era persa l’appartenenza al mondo dei club e nel 1988 è crollato tutto grazie alla spallata inferta dall’house di Chicago. Fortunatamente dalle macerie sono spuntate fuori le prime produzioni italo house ed i successi di Black Box e molti altri.

Savage Poland & Fred Ventura - 1989
Savage Poland & Fred Ventura – 1989

Tu a cosa decidi di dedicarti quando vedi che il trend inizia a cambiare?
Dal 1990 in avanti ho dedicato la maggior parte del mio tempo a promuovere il nuovo, prima con due label tendenzialmente techno house come la Evolution Records e la Free Zone. Dalla metà degli anni ’90 con il progetto-label Milano 2000, 3 album con lo pseudonimo Vibrazioni Productions, 2 album di Patrizia Di Malta in collaborazione con Enrico Colombo con cui ho prodotto forse il mio album migliore con l’alias Bedroom Rockers, sigla utilizzata anche per firmare svariati remixes per India Arie, Erykah Badu, Sting, Cousteau, Carmen Consoli, Elisa, Bob Marley. Recentemente ho anche compilato svariate compilation dedicate alla scena new wave italiana dei primi 80 edite dalla Spittle records.

Fred Ventura & Enrico Colombo aka Bedroom Rockers
Fred Ventura & Enrico Colombo aka Bedroom Rockers
Devo comunque ammettere che non mi sono mai sentito vincolato ad un solo genere musicale, mi sono sempre tenuto aggiornato, la ricerca sonora è stata per me una necessità fondamentale durante tutti questi anni. Post- punk o disco, house o techno, electro o funk, quello che per me conta è il coinvolgimento emotivo e la serietà con la quale si affronta la produzione di un suono. Purtroppo recentemente mi sono accorto che il tempo dell’innovazione sonora è passato, la maggioranza dei produttori di oggi coltiva il solo obiettivo di emulare il suono di qualcun altro, passato o presente no ha importanza.
 
 
 
Quando è riscoppiato l’interesse verso questo genere musicale? All’estero chi sono stati i primi a interessarsene?
Grazie alla vera e propria militanza di alcuni irriducibili fans del suono italo, verso il finire dei 90 ho visto rinascere un forte interesse per le produzioni italiane più oscure dei primi anni 80. Uno dei principali artefici di questo revival è stato l’olandese I-f che con i suoi dj set, mixtapes e la sua web radio Intergalactic FM non ha mai smesso di supportare il suono sino ad oggi. In un periodo di riflussi sonori come quello che stiamo vivendo tutta una nuova generazione di dj e produttori ha scelto di indagare nel passato di molti filoni della dance, l’italo disco è uno dei tanti fermenti sviluppatisi in una decade che influenza molte delle produzioni contemporanee.

Oggi ci sono dei progetti contemporanei di Italo-disco che apprezzi particolarmente? E tu cosa fai oggi?
Oggi mi occupo quasi full time insieme a Paolo Gozzetti del progetto Italoconnection che è strumentale per la crescita della label Disco Modernism. Siamo un team di produzione con all’attivo remix per artisti come Hurts, Human League, Hooverphonic ma con la priorità di produrre anche nostri brani, una sorta di modern Italo con echi synth-pop e new wave, retro ma non troppo e con dinamiche decisamente contemporanee che proponiamo anche live nei club europei. Poi ci sono i redivivi State Of Art, la band di cui facevo parte nei primi 80 che è tornata in attività da qualche anno, a breve un nuovo album oltre a varie collaborazioni con label europee di cui rispetto l’operato come Bordello A Parigi, Visitors, Clone, Aube ed in futuro anche con la Mannequin.

Italoconnection
Italoconnection

Come vedi la produzione musicale contemporanea?
La musica non si può fermare, è e sarà sempre una necessità fondamentale per gran parte dell’umanita, ho sempre trovato proposte interessanti, in tutte le epoche che ho vissuto, la cosa più importante è non subire le selezioni altrui, le imposizioni mediatiche e dell’industria, bisogna restare vigili per capire se c’è del vero dietro un progetto artitsico, oggi come ieri.