Trovo che l’idea di utilizzare uno spazio – una superficie piana – come pista da ballo di notte e come aula scolastica di giorno sia davvero rivoluzionaria. Mi piace pensare a una generazione di persone, che deve ancora venire – una generazione che ci sostituirà – per cui sarà del tutto normale ballare mentre si legge o leggere mentre si balla.
C.R.:È davvero una bella intuizione. Uno degli aspetti che sono più entusiasta di enfatizzare è il fatto che non sto presentando lo Space Electronic come un racconto nostalgico o una favola moralistica che continua a mitizzare i Radicali e presentarli come qualcosa di meglio rispetto alle generazioni successive, siano quelle che stanno emergendo oggi, o coloro che sono stati offuscati dalla nuvola che la generazione del dopoguerra ha gettato nel corso degli ultimi decenni.Piuttosto, sono interessata a mostrare quello che è successo in passato allo Space Electronic come qualcosa da cui le persone possono essere ispirate oggi, ma che possono usare per pensare alla posizione dell’attività radicale oggi, a cosa accade, e potrebbe accadere, nei luoghi di piacere ed edonismo come le discoteche.
Piuttosto, sono interessata a mostrare quello che è successo in passato allo Space Electronic come qualcosa da cui le persone possono essere ispirate oggi, ma che possono usare per pensare alla posizione dell’attività radicale oggi, a cosa accade, e potrebbe accadere, nei luoghi di piacere ed edonismo come le discoteche.
Nella cultura post-disciplinare e pop-up di oggi, i club possono essere aule, e i clubbers possono essere attivisti, sia che si trovino dentro o fuori dal dancefloor.
Per controbilanciare qualsiasi ottimismo o futurismo positivo, sembra che oggi lo Space Electronic sia abbastanza famoso per i karaoke o per i concorsi “maglietta bagnata”, che non è esattamente quello che noi chiameremmo sperimentale o progressista. Forse questo è legato alla “disneyficazione” di Firenze, una riorganizzazione generale del patrimonio culturale in base alle esigenze turistiche di un consumo veloce…
C.R.: Non ho la pretesa di essere un’esperta di Firenze, o dell’Italia più in generale. Questo è il motivo per cui questo progetto non è tanto su ciò che sta accadendo in città ma si focalizza su quello che avviene all’interno dello Space Electronic. Naturalmente questo contesto più ampio non può essere ignorato, ed è stato interessante visitare il club all’inizio di quest’anno come parte della ricerca condotta per questo progetto. Certo, il club oggi non è uno spazio all’avanguardia e certamente ha innescato le questioni che sollevi – ma mi sono divertita molto (oltre ad essermi sentita un po’ vecchia), così come si sono divertiti i giovani che rappresentano la clientela del club di ora. Il club è certamente popolare, e sì populista, ma chi può dire che i suoi clienti non marcino per le strade durante il giorno, mentre la sera ballano la house e l’hip hop?
Questo è vero, direi che ogni genere musicale è politico, anche quello che finisce nelle classifiche pop…
C.R.: Mentre ero a Firenze ho filmato una protesta che si stava svolgendo nelle strade della città e che mi aveva incuriosito. Questo significa che la città ha ancora un cuore politico, oppure ha ceduto all’immagine turistica di se stessa? Questa è una domanda che potrebbe interessare anche Venezia e altre città sia in Italia, che altrove. Stiamo ancora decidendo se includerla o meno nel film, ma questa è un’altra storia.
Ieri ho fatto una passeggiata notturna per Neukölln, una zona periferica di Berlino divenuta molto borghese. Ho scoperto un negozio di seconda mano di ingranaggi elettronici – che è abbastanza comune per la zona. Quello che è speciale in questo caso è il nome: Webspace Electronic. A seguito di questa visione notturna mi chiedo se potremmo concepire un aggiornamento – in linea con la nostra vita quotidiana online – dei concetti che hanno dato vita allo Space Electronic.
Che cosa succederebbe se Webspace Electronic oggi fosse una discoteca a Berlino, ispirata all’originale Space Electronic di Firenze? In altre parole, internet sta cambiando il nostro concetto di pista da ballo? Sappiamo che la relazione tra tecnologia e natura era centrale in molti progetti di quel tempo – per così dire, è stato un leitmotiv di amore/odio articolato attraverso una serie di progetti che erano nell’agenda dei Radicali – portando verso uno spettro aperto di proposizioni e immettendo sogni utopici e incubi distopici fianco a fianco…
C.R.: Questa è una domanda importante con cui terminare la nostra conversazione – anche se non sono sicura che la mia risposta le renderà giustizia!
Due delle principali ispirazioni per l’originale Space Electronic erano gli esperimenti multimediali che Andy Warhol stava conducendo all’Electric Circus di New York e gli scritti di Marshall McLuhan sulla teoria dei media, in particolare nel suo libro “Il medium è il massaggio”, pubblicato la prima volta nel 1967. Il Gruppo 9999 ha cercato di creare uno spazio che permettesse di sfruttare al massimo le qualità immersive offerte dalle nuove tecnologie, per creare una versione partecipativa del “allatonceness” e la connettività globale descritta da McLuhan. Ciò comprendeva l’installazione di televisori all’interno del club dove si proiettava tutto, dallo sbarco sulla luna, ai video musicali e persino le immagini delle telecamere del circuito chiuso di persone che ballano in altre parti del locale. Poco tempo dopo è stato installato il karaoke all’interno del club, che all’epoca era piuttosto innovativo. Oggi, lo Space Electronic, come molti altri luoghi, è pieno di gente intenta a fotografare, filmare e condividere le esperienze attraverso i social media mentre sono nel club. Se questo poi rappresenti una libera partecipazione o una conformità passiva e tecnologicamente indotta, è una buona domanda.
Sì, penso che questa attualmente sia la domanda chiave in merito all’uso quotidiano della tecnologia. Sarà stata solo una coincidenza che i Kraftwerk hanno introdotto questo quesito attraverso le loro produzioni musicali nello stesso momento in cui lo Space Electronic è stato fondato?
C.R.: Sicuramente non è stata una coincidenza, ma rientra in un clima socio-culturale più ampio a cui sia Kraftwerk che Gruppo 9999 stavano rispondendo. Finirò cercando di rispondere alla tua domanda! Sono sicura che se il Gruppo 9999 aprisse Space Electronic oggi, sfrutterebbero l’esperienza ancora più partecipativa e connessa che Internet potenzialmente offre – come sono sicura che ci sono club in altre parti del mondo che già lo stanno facendo. Sono troppo vecchia per conoscerli. Ma abbiamo un sacco di tempo per ballare!
Riccardo Benassi
Riccardo Benassi nasce in Italia nel 1982, cresce a Cremona, sulle rive del fiume Po, e al momento vive e lavora a Berlino. Muovendosi tra ricerca sonora e visuale dà vita a video, ambienti, installazioni e performance che celebrano e indagano la disfunzione tecnologica e il corto-circuito semantico e associativo. Fa dell’architettura uno strumento immaginativo che la rende un metronomo sociale, volto alla definizione dell’impercettibile erosione sugli avvenimenti provocata della storia. Fra gli agitatori della scena della musica sperimentale underground, dal 2004 è ideatore e promotore insieme a Valerio Tricoli del progetto Phonorama, live electronics collaborativo. Nel 2006 fonda con Claudio Rocchetti il duo audio-visivo OLYVETTY. Tra le mostre recenti: le personali Attimi Fondamentali con Piero Frassinelli / Superstudio (Museo Marino Marini, Firenze 2011), 1982 (Macro, Roma 2010), Autostrada Verticale (PAC, Ferrara 2009), e le esposizioni collettive Emerging Talents (CCCS, Firenze 2011) e Elusive a cura di Jimmie Durham (Radio Arte Mobile, Roma 2011).